Fino a stamattina sulla home page degli
Sparklehorse, che poi si dovrebbe dire di Sparklehorse, visto che sostanzialmente si è sempre trattato di un progetto solista, campeggiava un appello per la raccolta fondi in favore dei familiari di Vic Chesnutt, il grande cantautore americano morto suicida un paio di mesi fa. Ed è in un certo qual modo ironico, ironico e crudele, sapere ora che Mark Linkous si è a sua volta suicidato ieri in modo atroce, sparandosi in testa. In effetti c'è chi non si è stupito del suo gesto, meravigliandosi anzi che gli sia riuscito solo ora, dopo un primo fallito tentativo nel 1996, però anche nel suo caso la morte mi lascia un grande senso di vuoto, una perdita dolorosa, sebbene lo conoscessi solo attraverso le sue canzoni, fragili e delicate, rette su equilibri instabili.
Mark Linkous al Trabendo di Parigi, 4 ottobre 2009Lo scorso anno ho visto sia Chesnutt, un concerto milanese strepitoso, che Linkous, lui invece in un live tutt'altro che memorabile, in compagnia di Fennesz al Trabendo di Parigi, poco più di un divertissement improvvisato a seguito dell'uscita della collaborazione tra i due per la serie
"In the fishtank".
Non era stata una brutta serata, semplicemente aveva lasciato un po' l'amaro in bocca a chi come me si aspettava un set più centrato sulle sonorità degli Sparklehorse, specialmente dopo aver assaporato quella delizia che è il progetto
Dark Night Of The Soul, prodotto in compagnia di un altro irregolare (un'abitudine come dimostrano i sodalizi tra gli altri con Daniel Johnston e lo stesso Fennesz) come Danger Mouse, ma mai uscito ufficialmente per problemi di copyright, seppur rintracciabile facilmente in rete.
Mi sarebbe piaciuto rivederlo; purtroppo non lo potrò più fare. Resta solo la sua voce che sussurra parole sospese in brani piccoli e meravigliosi.