giovedì 26 ottobre 2006

Che sorpresa!

Oggi, approfittando di uno dei miei ultimi giorni di vacanza (essendo un lavoratore somministrato - solo il nome spaventa - ho le ferie di un giapponese medio) vado in biblioteca e mi metto a curiosare un po' a caso tra libri di vario tipo quando all'improvviso mi casca l'occhio nella sezione dedicata ai bambini. Ai libri illustrati per bambini ad essere precisi.
Che cosa vedo di tanto incredibile? Un volume che cercavo da un po', dopo che un amico me lo fece leggere qualche anno fa: "Il giorno che scambiai mio padre con due pesci rossi" (un'altra recensione si trova qua), di Neil Gaiman e Dave McKean, ovvero il creatore della saga di Sandman e uno dei migliori illustratori in circolazione, mica due tizi qualsiasi quindi.
La storia, divertente e commovente allo stesso tempo, in breve è quella di un bambino che, annoiato dal padre che legge solo e sempre il giornale, lo dà ad un amico in cambio appunto di due bei pesci rossi, e poi deve rientrarne in possesso per ordine della madre non proprio d'accordo, ma deve affrontare tutta una serie di altri baratti (chitarre, maschere di carnevale, conigli tra le altre cose), dato che il noioso genitore era stato a sua volta scambiato varie volte con altri ragazzini. Anche le illustrazioni sono graficamente bellissime; inoltre io ci sono legato perché il disegno di copertina fu usato anni fa nell'artwork di "This desert life", terzo disco dei Counting crows (e loro ultimo album valido imho), che io ascoltai molto quando uscì.

Il lavoro rende liberi?

© Marek Raczkowski, da "Historyki obrazkowe"

lunedì 23 ottobre 2006

Io l'ho sempre detto...


...che i boy scout sono un tipo umano poco raccomandabile. Lasciando perdere la mitologia sui capi, che a trent'anni sono in giro come invasati isterici in pantaloncini, sempre con un sorriso idiota sul volto, ecco che una notizia che non fa che aumentare il mio risentimento (e pure un po' di disprezzo a dire il vero) verso di loro.
Gli scout dell'area di Los Angeles, dopo essere stati istruiti a dovere, diventeranno delatori contro la pirateria per l'industria discografica e hollywoodiana. Ma il bello è che tutto questo non sarà contro la contraffazione su scala industriale, ma contro gli atti di parenti, amici, conoscenti e sconosciuti che hanno la sventura di incontrarli. Me lo vedo il deficiente trentenne in pantaloncini e foulard, appostato fuori dalla finestra neanche fosse un ninja o James Bond, che chiama di nascosto la polizia perché il pericoloso nipotino di dodici anni sta scaricando da una rete file sharing un brano di Brizzi Sprizzi. Roba da riabilitare i ciellini!
Credo che non ci sia bisogno di troppi commenti, d'altra parte l'unico boy scout meritevole è quello della locandina, ovvero un Bruce Willis tamarro seppur autoironico protagonista insieme a Damon Wayans di questo film fracassone di Tony Scott dei primi anni novanta, una specie di "Die Hard" ancora più inverosimile, e non so se mi spiego...

sabato 21 ottobre 2006

Welcome to the jungle


Qualche giorno fa il Guardian ha pubblicato un "decalogo di sopravvivenza in ufficio". A dire la verità i consigli sono una ventina e di tutti i tipi, certi decisamente veritieri, altri un po' contraddittori tra loro, altri ancora discutibili, comunque a me sembra risursi a una massima del tipo: "fatti i cazzi tuoi, al massimo fatti notare con moderazione, per intendersi leccando il culo quel che basta, senza esagerare, e vivrai tranquillo". Comunque eccone alcuni...
  1. Mai prendere un caffè con i colleghi, soprattutto all'interno dell'edificio che ospita gli uffici.
  2. Ignora le mail, in particolare quelle private, che fanno trascorrere la metà del tempo utile per il lavoro a cestinare materiale indesiderato.
  3. Fatti notare: il lavoro negli uffici rende spesso invisibili, mentre per vivere bene la propria professione occorre evidenziare spirito d'iniziativa e buona volontà.
  4. Ricorda che "meno è di più": è chiaro che chi fa meno incorre in meno errori. Se non ti muovi troppo, nessuno ti daràome to the jungle la colpa di qualche sbaglio, e la promozione arriverà.
  5. Bilancia apprezzamenti e critiche, e soprattutto con i capi preferisci i primi: quello che chiamano scambio di opinioni non è altro che un modo per entrare con una tua idea e uscire dalla stanza del capo avendo accettato la sua. La diplomazia vince.
  6. Ricorda che "il cliente ha sempre ragione, a meno che non sia una donna!"
  7. Tieni a mente che offendere qualcuno a lavoro causa il triplo dei problemi di un'offesa causata in casa.
  8. Agisci senza il capo, che spesso ti chiede di fare una cosa per poi accusarti di averla fatta.
  9. Non trascurare le scartoffie perché poi si moltiplicano
  10. Non mischiare alcol e lavoro.
  11. Non vestire con abiti corti tipo calzoncini o bermuda: sembrerai un figlio dei fiori.
  12. Non rispondere al telefono, soprattutto alle telefonate interne: alzare la cornetta significa accettare automaticamente un nuovo impegno, per cui ignora gli squilli.
  13. Non andare alle conferenze: inventa patetiche scuse.
  14. Impara a riciclare: un rapporto consegnato tempo prima e andato bene può essere ripresentato modificando semplicemente nomi e date, successo assicurato e tempo guadagnato.
  15. Stai lontano dalle riunioni: tempo perso, stress assicurato.
Edward Hopper: "Office in a small city", 1953

mercoledì 18 ottobre 2006

Spreading the evening sky with crows

I Lullaby For The Working Class sono stati un grande e misconosciuto gruppo di fine anni novanta. Venivano dal Nebraska e prima di sciogliersi e disperdersi in molti altri progetti musicali del Midwest (Bright Eyes e Cursive i primi che mi vengono in mente) hanno pubblicato solo tre album di country-folk, tra i quali i primi due secondo me bellissimi, "Blanket warm" e "I never asked for light", pieni di canzoni in chiaroscuro, dolci e al contempo malinconiche, una spiccata vena acustica e testi un po' criptici, caratterizzati però da immagini evocative.
Qui potete trovare un bell'articolo e alcuni mp3, tra cui pure quello di una delle mie canzoni preferite in assoluto, oltreché una delle più trisgi: "Spreading The Evening Sky With Crows"


Spreading the evening sky with crows

an old women she just told me
this is the lonliest life she has ever seen
every wrinkle is a monument
meant for dust and decay
the painter understood this
spreading the evening sky with crows
the sky all black placenta
it's too big to ignore

pull out the lawn chairs,
and watch the angels rip out their wings
my sweet eternity,
you were more than i bargoned for
i guess all good things come to an end

each breath is a monument
every blink of the eye
or is it like a photograph,
another day gone by

pull out the lawn chairs,
and watch the angels pull out their wings
my sweet eternity,
you were more than i bargoned for
all good things come to an end
all good things come to an end

venerdì 13 ottobre 2006

The cavemen love 56k modem


Eccomi tornato metaforicamente dopo innumerevoli vicissitudini informatiche. Nell'ordine ho dovuto formattare il mio computer, vecchio di sei anni (ha solo 64 MB di ram per intenderci), reinstallare un fantastico Windows 98 SE, faticare le proverbiali sette camicie per tre serate (e lanciargli tante maledizioni che neanche la strega a Biancaneve) per fargli accettare i driver dell'hard disk esterno. Infine ho riconfigurato la velocissima connessione a internet, che va addirittura a 56 k.
Insomma... mi sento un po' come penso si sentirebbe un uomo di Neanderthal gettato nel centro di una metropoli asiatica, che so Shanghai, dove ancora un po' cresce un grattacielo ogni tre secondi.

domenica 1 ottobre 2006

(E)vapor(azion)e


Qualche giorno fa mentre tornavo a casa dal lavoro ho visto una nuvola di fumo proveniente dall'altro lato del fiume, che spiccava grigia sul grigio di una giornata piovosa, autunnale con alcune ore di anticipo. Immediatamente mi sono chiesto cosa potesse essere e poi l'ho vista, per pochi secondi, nera e meravigliosa, trascinare un convoglio di vagoni che sembravano arrugginiti, tanto contrastava il loro color marrone con la lucentezza della locomotiva.
Il tempo di attraversare il ponte e immettermi sulla statale che costeggia la ferrovia ed era scomparsa, come fosse un fantasma, lasciando dietro di sé solo una scia di fumo persistente, quasi non volesse sparire, segno tangibile del suo passaggio, tanto insolito quanto incredibile.